Disturbo di panico

Si definisce “disturbo di panico” la condizione caratterizzata dalla presenza di attacchi di panico ricorrenti. L’attacco di panico è un’eccessiva reazione di paura e ansia caratterizzata da sintomi fisici, dovuti all’attivazione del sistema nervoso simpatico, e dalla presenza di pensieri ed interpretazioni catastrofiche rispetto a quello che viene percepito come un pericolo, anche se in realtà non è tale, e rispetto alle conseguenze dei sintomi fisici.

I sintomi fisici posso essere vari: palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia, tremori fini o grandi scosse, sensazione di soffocamento o dispnea, sensazione di asfissia, sudorazione, dolori o fastidi al petto, nausea o disturbi gastro-intestinali, sensazioni di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o svenimento, depersonalizzazione (essere distaccati da se stessi) o derealizzazione (sensazione di irrealtà), parestesie ( torpore, formicolii), brividi di freddo o vampate di calore. Questi sintomi raggiungono la massima intensità nel giro di 10 minuti e possono protrarsi per periodi che vanno dai 10 ai 20 minuti. E’ inevitabile che sperimentare tali sintomi fisici porti a modificare i pensieri durante un attacco di panico.

Le persone che hanno un attacco di panico temono che accadrà loro qualcosa di grave. Pensano, ad esempio, che moriranno o che impazziranno. Questo modo di pensare contribuisce a peggiorare i sintomi e di conseguenza i pensieri ansiosi, creando un circolo vizioso. Dopo aver provato una volta la spiacevole esperienza di un attacco di panico, la persona colpita teme che possa accadere di nuovo. Si innesca, dunque, anche in questo caso, un circolo vizioso che può trasformare il singolo attacco di panico in un disturbo di panico.

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Secondo quanto indicato nel DSM V (2014) per poter fare diagnosi di disturbo di panico devono essere soddisfatti i seguenti criteri:

  • Attacchi di panico inaspettati e ricorrenti;
  • Almeno uno degli attacchi di panico è stato seguito da un mese (o più) da uno (o più) dei seguenti sintomi:
    • preoccupazione persistente di avere altri attacchi
    • preoccupazione a proposito delle implicazioni dell’attacco o delle sue conseguenze (es.perdere il controllo, attacco cardiaco, impazzire)
    • significativa alterazione del comportamento correlata agli attacchi
  • Criteri di esclusione (effetti di sostanze o di un’altra condizione medica)
  • Esclusione di altre patologie psichiatriche (fobia sociale, fobia specifica)

Spesso il soggetto affetto da disturbo di panico teme fortemente la comparsa dei sintomi tanto da provare ansia anticipatoria rispetto alla possibilità di una loro ricomparsa; inoltre la persona colpita da attacco di panico prova a contrastarlo mettendo in atto una serie di strategie, consistenti in comportamenti di evitamento e/o di sicurezza che però peggiorano la situazione rendendo più severe le sensazioni fisiche e in generale deteriorando la qualità della vita.

Gli attacchi di panico e il disturbo di panico, appartenenti comunque alla categoria dei disturbi d’ansia, sono oggi molto diffusi nella popolazione generale interessando circa il 4%. L’età di esordio più frequente del disturbo di panico è tra i 15 e i 35 anni. La maggior parte degli studiosi ritiene che la causa dei DP sia l’interazione di pensieri, emozioni e processi fisici. In genere, un periodo o un evento particolarmente stressanti possono scatenare il disturbo in persone con una predisposizione genetica e psicologica ai disturbi d’ansia. Esattamente, quindi, tra le cause riscontrate alla base del disturbo ci sono: la predisposizione genetica, lo stress, la presenza di preoccupazioni relative alla propria salute, emozioni spiacevoli ricorrenti causati da problemi personali e professionali.

Relazione tra disturbo di panico e agorafobia

Non raramente al disturbo di panico si associa anche una condizione psicopatologica detta agorafobia. La persona con agorafobia ha una vulnerabilità rispetto alla condizione di solitudine, intesa come lontananza da persone o luoghi familiari, spazi aperti, e situazioni costrittive: ad esempio, luoghi chiusi e angusti, ma anche rapporti vissuti come troppo limitanti la propria libertà. Le situazioni temute vengono evitate o mal sopportate o con l’ansia di avere un attacco di panico. Tale associazione, a partire dalla classificazione diagnostica del DSM V, viene considerata come comorbidità di disturbi (diagnosi separate di Disturbo di panico e Agorafobia), differentemente dalla precedente classificazione (DSM IV) in cui si definiva la diagnosi di Disturbo di panico con o senza agorafobia.

Bibliografia

  • American Psychiatric Association, Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali. (DSM-5) Raffaello Cortina Editore, Milano, 2014.
  • Bara B.G., Manuale di psicoterapia cognitiva, Bollati Boringhieri, Torino, 1996.
  • Franceschina E., Sanavio E, Sica C., “I disturbi d’ansia”. In: Galeazzi A., Meazzini P., Mente e comportamento. Trattato italiano di psicoterapia cognitivo-comportamentale, Giunti Editore, Milano, 2004.

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