Disturbi d’ansia nell’infanzia e nell’età evolutiva

Tutti i bambini come gli adulti hanno vissuto esperienze di paura e preoccupazione e non a caso tanti episodi di paura ricordati in età adulta hanno avuto origine nell’infanzia. Queste esperienze di paura e preoccupazione non sempre definiscono un quadro di disturbo d’ansia in età evolutiva ma ad oggi i disturbi d’ansia rappresentano la patologia psichiatrica più comune in età evolutiva (MeriKangas et al., 2010; Kessler, Avenevoli, Costello, 2012) e si stima che un terzo degli adolescenti soddisferà i criteri per un disturbo d’ansia all’età di 18 anni. Molte ricerche mostrano inoltre che soffrire di disturbi d’ansia, quale fobia specifica, agorafobia, ansia sociale o un disturbo di panico in età evolutiva rappresenta un forte predittore per lo sviluppo di altri disturbi psicologici e psichiatrici conseguenti, come disturbi dell’umore e disturbi da dipendenza da sostanze (Kessler, Avenevoli, McLaughlin, et al., 2012).

Cause ed esordio dei disturbi d’ansia in età evolutiva

In letteratura è ancora acceso il dibattito sul peso dei fattori ambientali e dei fattori genetici nel determinare lo sviluppo dei disturbi d’ansia. I principali fattori in grado di determinare l’insorgenza e il mantenimento dei disturbi d’ansia in età evolutiva sono i fattori genetici, il temperamento del bambino e i fattori ambientali che riguardano lo stile genitoriale e un disturbo d’ansia o la predisposizione ad un atteggiamento ansioso del genitore. Le recenti ricerche evidenziano che ad un età minore prevalgano i fattori genetici nel determinare la sintomatologia del disturbo, mentre dopo i 9 anni di età il disturbo viene mantenuto e incrementato dai fattori ambientali.

Come nell’adulto anche l’ansia nei bambini è caratterizzata da pensieri specifici, come ad esempio pensieri che riguardano il timore che accadano “cose brutte” alle persone care, o pensieri circa la paura di non farcela. Nei bambini spesso l’ansia viene espressa attraverso il corpo sotto forma di sintomi somatici quali mal di testa, vomito, dolori addominali o agli arti, oppure con l’insorgenza di distrazione, svogliatezza e minore capacità di attenzione e concentrazione.

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Il DSM 5 descrive i disturbi d’ansia in una categoria specifica, e lungo il continuum del ciclo di vita: le medesime categorie sono riferite all’infanzia, all’adolescenza e all’età adulta. Per fare diagnosi devono essere riferiti sentimenti pervasivi di preoccupazione o ansia con evidenti sintomi fisici, difficili da controllare e che si manifestano per la maggior parte dei giorni per almeno sei mesi. La suddetta condizione interferisce in molti aspetti della vita del bambino: nelle relazioni con i pari, nella vita familiare e nel contesto scolastico. Nei bambini e negli adolescenti l’ansia si manifesta principalmente con preoccupazioni relative agli impegni scolastici o alle prestazioni in generale, come gli impegni sportivi, o gli impegni sociali. Il bambino ansioso, infatti, vive costantemente un sentimento d’oppressione, associato a un atteggiamento di attesa di un avvenimento vissuto come spiacevole e imprevisto.

Quali sono i disturbi d’ansia principali

Il DSM 5 identifica le seguenti categorie diagnostiche per i disturbi d’ansia:

  • Disturbo d’ansia di separazione
  • Mutismo selettivo
  • Fobie specifiche
  • Disturbo d’ansia sociale (fobia sociale)
  • Disturbo di panico
  • Specificatore dell’attacco di panico
  • Agorafobia
  • Disturbo d’ansia generalizzata
  • Disturbo d’ansia indotto da sostanze/farmaci
  • Disturbo d’ansia dovuto a un’altra condizione medica
  • Disturbo d’ansia con altra specificazione
  • Disturbo d’ansia senza specificazione

Sebbene i criteri diagnostici dei disturbi d’ansia siano i medesimi sia in riferimento all’età evolutiva e adolescenza sia in riferimento all’età adulta, non tutti i disturbi d’ansia elencati si ritrovano in età evolutiva ma i principali sono i più diffusi, come di seguito riportato.

Disturbo d’ansia sociale

Il disturbo d’ansia sociale è definito dalla presenza di paura o ansia marcate nelle quali il bambino è esposto al possibile giudizio degli altri, come l’essere osservati o eseguire prestazioni di fronte ad altri. Egli teme che agirà in modo da essere criticato o in modo ansioso che porterà a una valutazione negativa da parte degli altri. Tutte le situazioni sociali sono temute ed evitate, oppure vissute con paura intensa. Ovviamente tali paure sono il risultato di interpretazioni personali piuttosto che di minacce reali dipendenti dal contesto. Per porre diagnosi la paura, l’ansia o l’evitamento devono essere insorte ed essere persistenti da almeno 6 mesi.

Mutismo selettivo

Per mutismo selettivo si intende la costante incapacità di parlare in situazioni sociali specifiche in cui ci si aspetta che il bambino parli nonostante sia in grado di parlare in altre situazioni. Questa condizione, nel bambino, interferisce con i risultati scolastici o con la comunicazione sociale.
La durata della condizione è di almeno 1 mese. Tale incapacità non è spiegata né dalla mancata conoscenza dell’argomento, del linguaggio e del contesto né tantomeno dalla presenza di un disturbo della comunicazione o di altri disturbi come i disturbi pervasivi dello sviluppo, in quanto si presenta anche in maniera esclusiva.

Fobie specifiche

Le fobie sono paure o ansie marcate verso un oggetto o situazione specifici (per es. volare, altezze, animali, ricevere un’iniezione, vedere il sangue); nei bambini, la paura o l’ansia possono essere espresse da pianto, scoppi di collera, immobilizzazione (freezing) o aggrappamento (clinging). La situazione che fa paura o l’oggetto della fobia provocano quasi sempre immediata paura o ansia. Quando possibile, l’oggetto o le situazioni specifiche vengono evitate oppure inevitabilmente vissute con paura o ansia intense. L’ansia intensa sperimentata è sproporzionata rispetto al reale pericolo rappresentato dall’oggetto o situazione specifici e al contesto socio-culturale. Anche in questo caso come per tutti i disturbi d’ansia la paura deve essere presente e persistente da almeno 6 mesi. Il disagio vissuto dalla presenza della sintomatologia è clinicamente significativo e compromette il funzionamento del bambino in ambito sociale, scolastico, o in altre aree di vita importanti, interferendo nello sviluppo psicologico.

Il disturbo non è meglio spiegato dai sintomi di un altro disturbo mentale, sintomi del panico o ad altri sintomi invalidanti (come nell’agorafobia, o nel disturbo ossessivo-compulsivo), o a ricordi di eventi traumatici o alla separazione da casa o dalle figure di attaccamento, (disturbo d’ansia da separazione), o situazioni sociali (come nel disturbo d’ansia sociale).

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Disturbo d’ansia da separazione

L’ansia da separazione è un comportamento tipicamente presente durante lo sviluppo neuropsicologico del bambino che, in genere, tende spontaneamente ad attenuarsi dopo i 2 anni, scomparendo completamente prima dello sviluppo puberale. Dopo i 6 anni di età la persistenza di un’ansia da separazione intensa dalle figure significative deve essere approfondita e portata all’attenzione dello psicologo e/o del medico specialista in neuropsichiatria infantile.

Il disturbo d’ansia da separazione presenta i seguenti sintomi specifici: una difficoltà marcata e persistente a lasciare i genitori o la persona di riferimento o la propria abitazione; l’eccessivo timore costante che possa accadere qualcosa di spiacevole o tragico alle persone care; intenso timore che si possa essere vittima di incidenti, catastrofi, rapimenti quando si è soli; rifiuto e riluttanza ad allontanarsi da casa o a rimanere soli; presenza ricorsiva di incubi di separazione dai genitori o di perdersi in un luogo sconosciuto; comparsa di numerosi sintomi fisici veri o presunti quando bisogna allontanarsi da casa o dai genitori; richieste costanti di presenza e di attenzione ai genitori esagerate; manifestazione di umore ansioso, depresso, di apatia e disinteresse, di irrequietezza e malinconia se costretti ad allontanarsi da casa e dai genitori. Questi sintomi sono spesso pervasivi e impediscono al bambino di dedicarsi alle attività tipiche della sua età come gli impegni scolastici, gli sport, gli hobby e le amicizie con i pari. I sintomi devono essere presenti per almeno 4 settimane in bambini e ragazzi fino a 18 anni.

Disturbo d’ansia generalizzata

In età evolutiva il disturbo d’ansia generalizzata (DAG) si manifesta con preoccupazioni eccessive e incontrollabili rispetto a una grande quantità di eventi o attività quotidiane. Nonostante possa presentarsi anche in bambini più piccoli, il disturbo d’ansia generalizzata si sviluppa all’incirca all’età di 12 anni. Il disturbo d’ansia generalizzata può comparire spesso assieme ad altri disturbi tra cui ansia sociale, ansia da separazione, depressione e disturbo da deficit di attenzione e iperattività.

A differenza delle normali preoccupazioni, o paure vissute durante l’infanzia, il disturbo persiste per almeno sei mesi e causa una compromissione del funzionamento in ambito sociale, scolastico e familiare. Le preoccupazioni più frequenti riguardano le prestazioni scolastiche presenti e future, prestazioni sportive, relazioni sociali, aggressioni fisiche e disastri naturali. Essi si impongono alti standard nel raggiungimento dei loro risultati e sono molto critici rispetto alle loro prestazioni e capacità. A volte i bambini con disturbo d’ansia generalizzata rifiutano di provare nuove attività se non possiedono la certezza di esserne all’altezza. Queste preoccupazioni si associano spesso alla tendenza al perfezionismo e a una stretta aderenza alle regole. Ricercano costantemente rassicurazioni sulle proprie azioni e approvazione; adottano costantemente atteggiamenti controllanti sugli altri significativi e a livello di pensieri emerge un’intolleranza all’incertezza, tipica della maggior parte delle situazioni della vita.

Terapia dei disturbi d’ansia in età evolutiva

Per evitare che in età adulta si instaurino patologie psicologiche e psichiatriche più importanti, è fondamentale riconoscere e trattare precocemente il disturbo d’ansia insorto in età evolutiva. Diversi studi effettuati dal 1994 ad oggi hanno portato prove di efficacia della terapia cognitivo-comportamentale nel trattamento dei disturbi d’ansia nei bambini e negli adolescenti.
Nella terapia cognitivo-comportamentale dei disturbi d’ansia i principali obiettivi seguiti sono i seguenti:

  • Introdurre i genitori e il bambino al concetto di legame tra situazioni – pensieri – emozioni;
  • Insegnare a monitorare e identificare i pensieri ansiosi;
  • Spiegare l’effetto delle distorsioni cognitive (errori interpretativi delle situazioni reali) tipiche del pensiero ansioso;
  • Insegnare tecniche per trovare prove contro le proprie previsioni, sulla base dell’esperienza passata e della conoscenza generale;
  • Insegnare a identificare e mettere in discussione le conseguenze dell’evento temuto;
  • Insegnare la capacità di generare pensieri rilassanti e più positivi basati su una valutazione realistica dell’evento ansiogeno;
  • Apprendere tecniche di rilassamento (in particolare esercizi mindfulness);
  • Esposizione graduale e riduzione delle condotte di evitamento.

In associazione alla terapia con il bambino è previsto anche un percorso di Parent Training con i genitori, ai quali vengono fornite specifiche indicazioni su come comportarsi con il bambino ansioso quali spiegare sempre al bambino cosa è l’ansia e la paura, imparare ad ascoltare le emozioni del proprio figlio per comprenderle e condividerle con lui, imparare a gestire la propria ansia, incoraggiare il bambino a non evitare le situazioni ansiogene, imparare a sviluppare un pensiero realistico; imparare a notare e premiare i piccoli risultati e l’impegno.

Bibliografia

  • American Psychiatric Association. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – Quinta Edizione. A cura di Biondi M. Raffaello Cortina Editore, Milano 2014.
  • Isola L., Mancini F. (a cura di) “Psicoterapia cognitiva dell’infanzia e dell’adolescenza” Seconda Edizione Franco Angeli Editore, Milano 2007.
  • Lambruschi F., “Psicoterapia cognitiva dell’età evolutiva. Procedure di assessment e strategie psicoterapeutiche”. Edizioni Bollati Boringhieri 2014.