Disordini generalizzati dello sviluppo: ritardo mentale e autismo

Ritardo Mentale

Il ritardo mentale si definisce come un funzionamento intellettuale generale significativamente sotto la media, presente contemporaneamente a carenze del comportamento adattivo che si manifesta in età evolutiva. Per funzionamento sotto la media si intende un quoziente intellettivo (QI) pari o inferiore a 70, ottenuto in test psicometrici, ulteriormente definito dal livello di gravità come: lieve (QI 50/55-70)(che riguarda l’85% dei ritardi mentali), medio (QI 35/40-50/55)(10%), grave (QI 20/25-35/40)(10%) e profondo (QI inferiore a 20/25)(1-2%).

Quando il ritardo mentale è profondo coinvolge in modo uniforme tutte le aree del funzionamento intellettivo. In genere, invece, gli individui con ritardo mentale mostrano relativi punti forza e punti deboli nelle abilità cognitive specifiche, che interagiscono coinvolgendo tutto il funzionamento cognitivo. La American Association on Mental Retardation ha proposto una modifica di questa definizione che si focalizza sulle abilità adattive in 10 aree: la comunicazione, la cura di sé, la vita a casa, gli schemi sociali, l’uso della comunità, l’autodirezionalità, la salute e la sicurezza, il funzionamento scolastico, il lavoro, il tempo libero. Di queste aree almeno due devono essere significativamente compromesse per fare una diagnosi di ritardo mentale. L’obiettivo di questa ridefinizione focalizzarsi di più sull’abilità del soggetto e delle sue aree di forza, da sfruttare per permettere il maggior grado di autonomia possibile piuttosto che riferirsi solo ad un punteggio psicometrico.

Cause ed esordio del ritardo mentale

Il ritardo mentale può essere causato da qualsiasi condizione che impedisca il normale sviluppo del cervello prima, durante, dopo la nascita o nel periodo dell’infanzia. Si possono distinguere fattori genetici (alterazioni genetiche o cromosomiche) e fattori acquisiti che possono essere gestazionali (malattie materne infettive, agenti chimici, traumi), perinatali (prematurità, postmaturità, itteri, anossia, traumi cranici) e post-natali (encefaliti, meningiti, vasculopatie cerebrali). Nella maggior parte dei casi è molto difficile identificare una causa ben precisa alla base del disturbo.

Trattamento del ritardo mentale

Il ritardo mentale necessita spesso di un trattamento medico, perché è frequentemente associato ad alterazioni neurologiche e somatiche. La riabilitazione cognitiva riveste, invece, un’importanza fondamentale nel favorire il rafforzamento e in alcuni casi l’introduzione di quelle abilità che a causa dell’handicap non si sono sviluppate e consolidate spontaneamente. Gli obiettivi della riabilitazione del ritardo mentale sono lo sviluppo delle capacità attentive, del linguaggio, delle abilità visuo-spaziali e di percezione del significato del tempo e dello spazio, dell’apprendimento delle lettura, scrittura e calcolo. Una attenzione particolare è data ad insegnare abilità che favoriscano l’autonomia e l’integrazione sociale del bambino, le abilità domestiche e di cura del luogo di vita, le abilità sociali e interpersonali.

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Alla riabilitazione cognitiva è importante abbinare una terapia cognitivo-comportamentale che si è rivelata la più efficace nell’intervento sui disturbi comportamentali (aggressività, impulsività, stereotipie, autolesionismo, comportamenti oppositori) e mentali (ansia, depressione, psicosi, disturbo ossessivo-compulsivo) associati a ritardo mentale che si rivelano spesso un ostacolo al successo della riabilitazione cognitiva e all’adattamento sociale. Particolarmente utili nel trattamento di bambini ed adolescenti con ritardo mentale sono le principali tecniche cognitive e comportamentali e soprattutto il rinforzo positivo e differenziale, l’estinzione, il problem-solving, il training di auto-istruzione, la token economy.

Autismo e disturbi dello spettro autistico

L’Autismo fa parte, insieme alla Sindrome di Asperger, alla Sindrome di Rett, al Disturbo Pervasivo dello Sviluppo Non Altrimenti Specificato (PDD-NOS) e al Disturbo Disintegrativo dell’Infanzia, del gruppo dei Disturbi dello Spettro Autistico (Autism Spectrum Disorders, ASD). Questa definizione (spettro autistico) significa che il disturbo colpisce ciascuna persona in modo differente variando da una lieve a una grave sintomatologia. Pertanto vi sono persone con le caratteristiche cognitive dell’autismo che non manifestano mai difficoltà adattive, e sono in grado di vivere una vita indipendente, mentre altre persone con autismo possono avere difficoltà adattive e necessità di supporto specialistico per tutta la vita.

Esattamente, nel DMS 5 l’autismo è stato inquadrato secondo il nuovo orientamento diagnostico (2014) che sostituisce l’espressione “Disturbi pervasivi (o generalizzati) dello sviluppo” con il termine “Disturbi dello spettro dell’autismo”. Tale denominazione richiama l’attenzione sul concetto dimensionale dell’autismo, caratterizzato da comportamenti che si estendono tra normalità e malattia, ma che si differenziano perché la frequenza e l’intensità di quel sintomo non consentono di adattarsi al contesto, di sviluppare le risorse cognitive, di acquisire e di mantenere le relazioni sociali.

I disturbi dello spettro autistico originano comunque da una compromissione dello sviluppo che coinvolge le abilità di comunicazione e di socializzazione, e sono in generale associati a comportamenti inusuali (ad esempio comportamenti ripetitivi o stereotipati) e a un’alterata capacità immaginativa. Più precisamente le difficoltà, che rappresentano i sintomi dell’autismo coinvolgono tre aree principali:

  • Sociale: compromissione, ritardo o atipicità dello sviluppo delle competenze sociali, con specifico riferimento alle relazioni interpersonali: apparente carenza di interesse e di reciprocità relazionale con gli altri; tendenza all’isolamento e alla chiusura sociale; apparente indifferenza emotiva agli stimoli o ipereccitabilità agli stessi; difficoltà ad instaurare un contatto visivo;
  • Linguaggio e comunicazione: compromissione e atipicità del linguaggio e della comunicazione, verbale e non-verbale. Si stima che circa il 25% dei soggetti autistici non è in grado di comunicare verbalmente. I soggetti che sono in grado di utilizzare il linguaggio si esprimono in molte occasioni in modo bizzarro (parole fuori contesto, ecolalia).
  • Pensiero e comportamento: immaginazione povera e stereotipata con compromissione del gioco simbolico o di immaginazione; comportamenti ritualistici/ripetitivi, e scarsa flessibilità a cambiamenti della routine quotidiana e dell’ambiente circostante. Di solito un limitato repertorio di comportamenti viene ripetuto in modo ossessivo e si possono osservare posture e sequenze di movimenti stereotipati. Movimenti ripetitivi, come il flapping (sfarfallamento) delle mani o l’intenso interesse per le parti di un oggetto, come il far girare le ruote di una macchinina, sono spie di questi comportamenti. Spesso i bambini con autismo desiderano fortemente una routine rigida e sono estremamente disturbati se si verificano deviazioni da questa. I cambiamenti nell’ambiente abituale o nei ritmi della giornata possono determinare reazioni abnormi, come perdita del controllo, rabbia, aggressività.

Cause ed esordio dei disturbi dello spettro autistico

I disturbi dello spettro autistico esordiscono in età evolutiva. Tali disturbi colpiscono circa l’1% della popolazione, con stime simili in campioni di bambini e adulti. La diagnosi precoce può avvenire, anche già a 18 mesi. Può essere posta, al momento attuale, solo in base alla presenza dei sintomi comportamentali, definiti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, a qualunque età, e, nei casi con un funzionamento migliore, può essere posta anche in età adulta. Considerata la variabilità delle caratteristiche dell’autismo e la somiglianza di alcune di queste con altre condizioni (ritardo nello sviluppo, ritardo nel linguaggio, disprassia, iperattività, depressione) è necessario che la diagnosi venga effettuata da una equipe di persone con una specifica formazione ed esperienza.

L’autismo è stato per anni erroneamente considerato un disturbo dovuto a inadeguate relazioni nell’ambiente familiare dipendenti dal comportamento dei genitori. Attualmente la posizione scientifica condivisa a livello internazionale considera l’autismo una sindrome comportamentale associata a un disturbo dello sviluppo del cervello (porta con sè alterazioni della struttura e delle funzioni nervose) e della mente (include alterazioni dello sviluppo psico-cognitivo ed emozionale) con esordio nei primi tre anni di vita. Sia fattori genetici che ambientali sono oggi considerati all’origine dello spettro autistico.

La sindrome si configura come una disabilità permanente che compare in età infantile ma accompagna il soggetto per tutta la durata della vita. Le caratteristiche del deficit sociale e cognitivo, come in generale la sintomatologia clinica, sono eterogenee per complessità e gravità e presentano una espressività variabile nel tempo.

Dal punto di vista clinico gli individui con autismo sono spesso divisi in due grandi gruppi: l’autismo sindromico, o secondario a cause note, che si presenta circa nel 10 % dei casi. In questa categoria la sindrome autistica è associata a malformazioni o caratteristiche dismorfiche evidenti soprattutto a livello facciale. Inoltre a questa categoria appartengono quei casi dovuti a infezioni contratte dalla madre in gravidanza (quali rosolia e citomegalovirus).

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Dall’altro lato vi è invece l’autismo primario o idiopatico, detto anche essenziale, nel quale sono presenti i classici segni clinici della sindrome autistica, mentre sono assenti malformazioni e caratteristiche dismorfiche. A questo secondo gruppo appartiene il restante 90% dei casi. L’autismo non è una condizione rara in quanto si stima oggi che nel mondo vi sia almeno una persona con disturbi dello spettro autistico ogni cento.

Il trattamento dell’autismo

Il trattamento precoce, programmi scolastici specifici, il coinvolgimento dei genitori e un’adeguata assistenza medica, quando è necessaria, possono ridurre notevolmente i sintomi dell’autismo e aumentare la capacità del bambino di crescere bene ed imparare nuove abilità. L’intervento durante l’età prescolare può migliorare significativamente le capacità cognitive e del linguaggio nei bambini piccoli con disturbi dello spettro autistico.
Il trattamento dovrebbe rispettare una serie di principi:

  • considerare l’autismo come un problema neurologico;
  • condividere i protocolli diagnostici, la precocità e la funzionalità della valutazione;
  • considerare l’intervento psicoeducativo comportamentale e cognitivo come intervento elettivo inserito in una percorso strategico di rete;
  • dare attenzione alle necessità individuali e individualizzare la programmazione;
  • coinvolgere le famiglie; prevedendo uno specifico ed individuale percorso di Parent Training.

Nel 2011 è stata pubblicata in Italia la linea guida 21 dell’Istituto Superiore di Sanità, sul trattamento per l’autismo. Tale linea guida, che ha analizzato solo le ricerche sperimentali basate sull’evidenza, è giunta alle seguenti conclusioni fondamentali nel trattamento degli autismi:

  • I programmi di intervento mediati dai genitori (parent training) sono raccomandati nei bambini e negli adolescenti con disturbo dello spettro autistico, poiché possono migliorare la comunicazione sociale e i comportamenti-problema, aiutare le famiglie ad interagire con i loro figli, promuovere lo sviluppo e l’incremento della soddisfazione dei genitori e del benessere emotivo.
  • L’utilizzo di interventi a supporto della comunicazione nei soggetti con disturbi dello spettro autistico, come quelli che utilizzano un supporto visivo alla comunicazione, è indicato anche se le prove di efficacia di questi interventi siano ancora parziali. Il loro utilizzo dovrebbe essere circostanziato e accompagnato da una specifica valutazione di efficacia.
  • Gli interventi a supporto della comunicazione sociale vanno presi in considerazione per i bambini e gli adolescenti con disturbi dello spettro autistico; la scelta di quale sia l’intervento più appropriato da erogare deve essere formulata sulla base di una valutazione delle caratteristiche individuali del soggetto.
  • Secondo il parere degli esperti, è consigliabile adattare l’ambiente comunicativo, sociale e fisico di bambini e adolescenti con disturbi dello spettro autistico. Le possibilità comprendono:
    • fornire suggerimenti visivi;
    • ridurre le richieste di interazioni sociali complesse;
    • seguire una routine, un programma prevedibile e utilizzare dei suggerimenti;
    • minimizzare le stimolazioni sensoriali disturbanti.
  • Il programma TEACCH ha mostrato di produrre miglioramenti sulle abilità motorie, le performance cognitive, il funzionamento sociale e la comunicazione in bambini con disturbi dello spettro autistico, per cui è possibile ipotizzare un profilo di efficacia a favore di tale intervento, che merita di essere approfondito in ulteriori studi.
  • Tra i programmi intensivi comportamentali il modello più studiato è l’analisi comportamentale applicata (ABA): gli studi sostengono una sua efficacia nel migliorare le abilità intellettive (QI), il linguaggio e i comportamenti adattativi nei bambini con disturbi dello spettro autistico. Le prove a disposizione, anche se non definitive, consentono di consigliare l’utilizzo del modello ABA nel trattamento dei bambini con disturbi dello spettro autistico.
  • Gli interventi comportamentali specifici dovrebbero essere presi in considerazione in presenza di un ampio numero di comportamenti specifici di bambini e adolescenti con disturbi dello spettro autistico, con la finalità sia di ridurre la frequenza e la gravità del comportamento specifico sia di incrementare lo sviluppo di capacità adattative. Alcuni comportamenti disfunzionali possono essere causati da una sottostante carenza di abilità, per cui rappresentano una strategia del soggetto per far fronte alla proprie difficoltà individuali e all’ambiente.
  • È consigliato l’uso della terapia cognitivo comportamentale (Cognitive behavior therapy, CBT) soprattutto per il trattamento della comorbidità con i disturbi d’ansia nei bambini con sindrome di Asperger o autismo ad alto funzionamento. La terapia cognitivo comportamentale, rivolta a bambini e genitori, può essere utile nel migliorare le capacità di gestione della rabbia in bambini con sindrome di Asperger. Secondo altri esperti essa dovrebbe essere presa in considerazione anche per i soggetti con disturbi dello spettro autistico che presentano problemi del sonno. Un programma di intervento di Terapia Cognitivo-Comportamentale modificata per adattarsi efficacemente alle esigenze cognitive e sensoriali delle persone con autismo si focalizza sia su aspetti emotivi sia cognitivi. Le aree di valutazione e di intervento dello sviluppo emotivo sono la maturità dell’espressione emotiva, la complessità o sottigliezza del lessico emotivo e l’efficacia nella gestione delle emozioni. L’intervento Cognitivo-comportamentale si divide in più fasi: la valutazione della natura e del grado del disturbo dell’umore, l’educazione emotiva, la ristrutturazione cognitiva, la gestione dello stress, l’automonitoraggio e la programmazione delle attività per esercitarsi e mettere in pratica le nuove strategie e abilità cognitive. Una parte centrale dell’intervento consiste nell’insegnamento di abilità comportamentali, cognitive ed emotive (coping skills) utili a modificare pensieri e comportamenti, causa di stati emotivi negativi, come ansia, depressione e rabbia.
  • La melatonina può costituire un trattamento efficace nel caso di disturbi del sonno che persistono anche dopo interventi comportamentali.
  • Nei casi in cui i sintomi comportamentali sono molto intensi e soprattutto auto o etero aggressivi, nel trattamento delle persone con diagnosi di autismo può essere necessario ricorrere a una terapia farmacologica, che ha l’obiettivo di affrontare e ridurre a livello sintomatologico i diversi problemi che possono accompagnare questa condizione. Anche i disturbi psichiatrici accompagnano spesso la condizione autistica, ma i farmaci generalmente utilizzati per questi sintomi (antipsicotici tipici e atipici, antidepressivi) possono determinare a volte effetti indesiderati (aumento di peso, effetti cardiovascolari, sintomi extrapiramidali discinesie, tremori, effetti neuroendocrini); inoltre per alcuni farmaci come gli stimolanti si registrano effetti paradosso (aumento delle stereotipie). Nell’autismo è frequente riscontrare anche la presenza di sintomi neurologici, come l’epilessia. In questo caso si usano farmaci anticonvulsivanti. È importante prima di intraprendere un trattamento farmacologico verificare se specifici cambiamenti negli ambienti quotidiani (scuola, casa) o nelle abitudini (ritmi sonno/veglia, attività quotidiane, alimentazione), e soprattutto l’inserimento in protocolli di intervento comportamentali ed educativi, siano stati intrapresi al fine di supportare inizialmente e sostituirsi nel tempo alla terapia farmacologica.
  •  Non sono raccomandati invece:
    • la Musicoterapia;
    • la Comunicazione facilitata;
    • le diete di eliminazione di caseina e glutine;
    • gli integratori alimentari;
    • la terapia con ossigeno iperbarico.

Bibliografia

  • American Psychiatric Association. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – Quinta Edizione. A cura di Biondi M. Raffaello Cortina Editore, Milano 2014.
  • Cohen D.J. & Volkmar F., “Autismo e disturbi generalizzati dello sviluppo, Vol.2 – Strategie e tecniche di intervento”. Vannini Edizioni, Gussago 2004.
  • De Clercq H., “L’autismo da dentro: una guida pratica”. Erickson, Trento 2011.
  • Doneddu G. & Fadda R., “I disturbi pervasivi dello sviluppo”. Armando Editore, Roma 2007
  • Linea guida 21 dell’ISS Istituto Superiore di Sanità (2011) “Il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti”.
  • Vivanti G., “La mente autistica: le risposte della ricerca scientifica al mistero dell’autismo”. Omega Edizioni, Torino 2010.